Principesco ritorno al futuro

di Vignadelmar 21/01/16
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Principesco ritorno al futuro
Roma è una città bellissima e caldissima, non è raro godersi splendide giornate estive in pieno autunno. In occasione della mia visita alla Tenuta di Fiorano, ad attendermi in cantina, oltre al proprietario Alessandro Jacopo Boncompagni Ludovisi, c’era appunto una di quelle giornate indimenticabili, terse, dove lo sguardo riesce a correre per chilometri e da lì riesci appunto a vedere Roma in tutto il suo splendore. Dopo parleremo di vini, ottimi, ma prima lasciatemi raccontare l’incanto di questa splendida tenuta di circa 200 ettari da sempre a conduzione biologica. Sì, da sempre, anche quando il bio quasi nessuno sapeva cosa fosse.
Gli ettari di vigneto sono pochi, aumentano con lentezza esasperante, seguendo il lentissimo passo che Alessandro Jacopo ha imparato dallo zio e dal padre, nel ruolo di quasi custode che si è ritagliato, rispetto alla funzione di proprietario che ben altre velocità gli permetterebbe. Non è detto che sia un male, anzi, ma forse la modernità ci ha abituati a ben altri ritmi, mentre qui siamo quasi in una bolla spazio-temporale da film di fantascienza.
Lo zio di Alessandro Jacopo portò la Tenuta ad essere famosa attorno agli anni ’50, producendo vini che bevuti adesso sono ancora straordinari e chi non ha avuto la fortuna di berli si deve accontentare della loro aurea leggendaria. Poi, inspiegabilmente lo zio spiantò tutti i vigneti e smise di produrre vino. Solo dopo alcuni anni, Alessandro Jacopo, riuscì a convincere lo zio a riprovarci, reimpiantando nuovi vigneti: con le stesse uve per il rosso, con differenti uve per il bianco. Lo zio così volle e così fu fatto.
Veniamo all’oggi. In azienda si producono un bianco e un rosso base ed un bianco e un rosso ben più importanti. Tutti vini che non esiterei a definire come compiutamente mediterranei e quindi squisitamente territoriali. Le tecniche, i ritmi e anche alcune delle persone che fecero i vini allora sono le stesse di ora. L’enologo è Lorenzo Costantini. Se qualche misurato cambiamento ci sarà lo si vedrà con i tempi cui qui sono abituati. Ho parlato a lungo con Alessandro Jacopo, squisito ospite, spero di aver intuito un qualche velato desiderio di voler riprovare a far vino anche con il semillon, com'era il leggendario bianco dell'epoca. Non ci resta che aspettare.

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