Brunello di Montalcino 2016 in anteprima

di Riccardo Viscardi 24/11/20
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Montalcino 1
Il nostro giudizio sull’annata, davvero grande, come non si vedeva a Montalcino da decenni.

In realtà non volevo parlare in anteprima dell’annata 2016. Due i motivi: primo, molte cantine sono in sofferenza (anche se meno di altre in zone meno note) perché con la pandemia non hanno avuto il turismo ricco, spesso straniero, che comprava tante bottiglie direttamente in cantina e le 2015 vendute nel canale HoReCa non si sa quando saranno acquistate veramente dai consumatori. Secondo, la corsa ad anticipare i verdetti sui Brunello in uscita l’anno successivo sta rasentando la follia, con campioni richiesti ai produttori a fine estate e articoli pubblicati già da fine ottobre. Ma tant’è, se la critica enologica ha preso questo andazzo, noi non possiamo esimerci, tanto più che diversi produttori hanno chiesto il nostro parere (grazie). Ringraziamo anche il Consorzio per aver appoggiato la nostra richiesta garantendo ai produttori intervenuti una degustazione anonima nella sede consortile e con i vini a perfetta temperatura. 

Dopo questo importante preambolo, veniamo all’annata. Inutile girarci intorno: la 2016 è una grandissima annata che probabilmente mancava a Montalcino dal 1990. Un’annata facile e felice con le piogge giuste al momento giusto, con il caldo al momento opportuno senza mai stressare le vigne e con le escursioni termiche giorno-notte eccellenti nei periodi di maturazione. Diversa dalla 2015 che fu fantastica per le zone più fresche e più impegnativa e qualche volta anche difficile per le zone più meridionali della denominazione. Forse due annate cosi belle, differenti e vicine per me capitarono solo una volta, nella zona del Barolo, con la 1989 e la ‘90, annate che ci sembrano ormai di una altra era del vino italiano. 

Annata perfetta? Certamente, poi tutto si può migliorare ma non sarà facile. Montalcino garantisce una qualità media sul Brunello veramente elevata da almeno 3 lustri, con un grande senso di responsabilità da parte dei produttori verso il consumatore finale, come dimostrarono nell’annata 2014. Possiamo affermare che ci sono una cinquantina di produttori a livelli elevatissimi che ogni anno hanno prodotti brillanti che competono nel gotha dei grandi vini internazionali. Sono presenti molti stili per interpretare il territorio ma nessuno prevarica la denominazione e neanche i vari versanti di appartenenza; i cru storici sono sempre ben rappresentati e quelli nuovi fanno la differenza da un substrato territoriale di grande qualità. Lo dico sempre, oltre 2000 ettari di Brunello sono un po’ troppi ma stiamo cercando il pelo nell’uovo. 

Quale sia la migliore delle due annate è una domanda che ultimamente ricorre spesso. La risposta è piuttosto semplice salvo pochissime eccezioni: la 2016. I motivi sono semplici: una migliore grana tannica, un’acidità più alta che consente un invecchiamento maggiore ed elegante, infine un’omogeneità sul territorio incredibile che permette una leggibilità dei versanti, dei cru e dello stile aziendale migliore. 

Non fraintendetemi, anche la 2015 (mi ricorda molto la 1985 come caratteristiche) è una grande annata ed è per questo che le confrontiamo, ma ha caratteristiche diverse condizionate dal suo andamento stagionale e che la rende prossima al gusto di stampo anglosassone, che prevede olfatti più evoluti e con un frutto caldo e tende a privilegiare l’opulenza tannica come vettore di complessità. Peccato che il sangiovese non sia il cabernet ma non fa niente. La storia ci dice che preferirono a Montalcino la 1988 alla 1990, la 1997 e la 2000 alle fantastiche 1999 e 2001, si innamorarono della 2007 rispetto alla 2006 quindi è normale questo atteggiamento. Io ritengo che la 2015 sia perfetta con piatti succulenti come cinghiale, peposo e via di questo passo grazie alla sua verve tannica, ma la 2016 è perfetta praticamente su tutto.

Ci vediamo domani per la nostra classifica.

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