Diverse interpretazioni di Raboso

di Sissi Baratella 04/02/22
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Tezze di Piave Raboso Malanotte
Dell’uva Raboso abbiamo già parlato. Tornandoci sopra vediamo i passi avanti che i produttori della zona stanno compiendo.

Consorzio Vini Venezia, quello nato nel 2011 e che contiene la parolina magica… Venezia! La città che tutto il mondo conosce e che tutti fa sognare. Sorge sull’acqua, all’ombra del leone di San Marco, simbolo di civiltà, arte, cultura e gode di fascino incommensurabile. Insomma, il nome che tutti vorrebbero poter usare a proprio favore. 

Marketing a parte, a livello geografico, sono due le province interessate del Consorzio Vini Venezia, quella di Venezia e quella di Treviso. In questo areale sono racchiuse le cinque denominazioni d'origine, di cui due Docg; per un totale di 47 tipologie di vino diverse, più di 2000 produttori, circa 2600 ettari e 10 milioni di bottiglie prodotte. 

Via il dente, via il dolore. Diciamolo subito: questa è la terra dove si produce anche “colui che non deve essere nominato…” il Prosecco Doc (e la sua sottozona Treviso). È questo il vino che dà solidità economica a molte aziende, ma non è il solo a poter rappresentare il territorio, anzi! 

Proprio per tutelare e continuare a promuovere la ricchezza in tipologie di vino e di uva che qui da sempre vengono prodotte, il Consorzio Vini Venezia nasce 10 anni fa radunando sotto l’ala e in un unico progetto di comunicazione, tutela e valorizzazione storica e culturale le denominazioni:

  • DOC VENEZIA: 11 TIPOLOGIE
  • DOC LISON PRAMAGGIORE: 19 TIPOLOGIE
  • DOC PIAVE: 14 TIPOLOGIE
  • DOCG MALANOTTE DEL PIAVE: 1 TIPOLOGIA
  • DOCG LISON: 2 TIPOLOGIE (DOCG e CLASSICO DOCG)

Le suddette interessano vitigni autoctoni e internazionali quali: Friulano (ex Tocai), Manzoni bianco, Verduzzo, Glera e Chardonnay per le bianche. Merlot, Cabernet (sauvignon e franc), Refosco e Raboso del Piave. 

In compagnia del direttore del Consorzio, Stefano Quaggio, il mio ultimo tour in zona si è concentrato proprio sull’uva Raboso e il vino Malanotte del Piave. Impossibile non soffermarsi sulla Docg e il suo storico sistema di allevamento: la bellussera. Di tutto ciò ne abbiamo già parlato, ma faccio un breve riepilogo. 

Bellussera: sistema di allevamento della vite maritato dalla potatura lunghissima, interfila anche di 15 metri. Diffusa in zona a partire dalla fine del 1800, Bellussera vede tradizionalmente le piante di vite maritate ai gelsi, nutrimento per l’altra fonte di guadagno in passato dopo l’agricoltura, cioè i bachi da seta. L’altezza dei capi a frutto, sostenuti da fili di metallo, permetteva l’ottimizzazione degli spazi agricoli dove il bestiame poteva pascolare o altri frutti o verdure potevano essere coltivati. La manutenzione è manuale e artigianale e la produttività deve essere contenuta e ragionata. Oggi questo sistema di allevamento costituisce più un patrimonio storico che una realtà produttiva, in quanto non sostenibile nell’accezione moderna di sostenibilità. Tuttavia, costi di gestione a parte, rimane spettacolare visitarne un vigneto. In particolare gode di certo fascino vintage quella centenaria, che dista solo pochi minuti in auto da Borgo Malanotte, il borgo del 1400 che dà il nome anche alla Docg. L’impianto a Raboso risale al 1921, negli anni sono stati fatti dei rimpiazzi ma esistono ancora ceppi originali, e non è altro che una vigna che ha visto la guerra e vissuto i bombardamenti, resistendo fino a oggi. Testimonianza vivente della tenacia degli abitanti del posto. 

Il Raboso infatti è una delle varietà rosse autoctone più care ai vignaioli locali, sia per la produzione del Raboso Piave Doc che per la produzione del Malanotte Docg. Lo testimonia anche la nascita negli anni ’90 di una Confraternita del Raboso Piave al fine di valorizzare e tutelare quest’uva e i suoi vini. Un tocco di folklore, se vogliamo, di supporto alle attività che il Consorzio ha portato avanti in questi primi 10 anni di lavoro. 

Interrogando il Consorzio proprio sul futuro di Raboso e Malanotte è emerso che si sta lavorando sul trovare i mercati, anche stranieri, più indicati e lavorare su quelli, non trascurando mai la presenza e l’importanza di questi vini sul territorio. Un territorio, quella rappresentato dal Consorzio Vini Venezia, che per proposte culturali, attrazioni turistiche e offerta enogastronomica non vi deluderà mai.  

Ho degustato alla cieca e nel corso di un evento diverse interpretazioni di Raboso. Ecco come è andata, ma prima un veloce ripasso sul vitigno: uva dal grappolo generoso, compatto, dalla polpa spessa e resistente alle malattie. Dall’elevata acidità e da un tannino che tende a risuonare al palato. Dalla vendemmia mediamente tardiva si adatta bene alla tecnica dell’appassimento; vendemmiato anticipatamente la sua naturale acidità dona interessanti basi spumante.

  
   Intervista a Stefano Quaggio                                        Antonio Bonotto racconta il Raboso

 

Malanotte del Piave 2016 Bonotto delle Tezze

94/100 - € 30 

Da uve Raboso Piave appassite per il 20%. Vinifica in acciaio con 20 giorni di macerazione. Matura in legno per 24 mesi. Rubino intenso e scuro al centro. Al naso un mix tra ciliegia, marasca e mora di rovo. In bocca torna il frutto rosso, poi spezia nera e calda. L’acidità è molto presente ma ben gestita, il corpo importante si equilibra risultando snello alla beva. La trama è fitta e elegante, con un finale che porta sensazioni di miele e propoli, tra il dolce e il balsamico. 

Raffaello Brut Rosé Metodo Classico Villa Valonte

90/100 - € 10

Da uve Raboso in rosa. Sui lieviti per 50 mesi. Sboccatura novembre 2020. Color buccia di cipolla con riflessi vivaci. Al naso profumi di fiori secchi e di albicocca leggermente appassita. In bocca è sferzante con la sua acidità lunghissima che fa emergere poi note di zafferano, mandarino e leggermente di zenzero. Persistente. Ottimo rapporto qualità prezzo. 

Raboso Piave 2015 47 Anno Domini

88/100 - € 10

Da uve Raboso. Matura in barrique. Rubino intenso, riflessi granati. Al naso sentori concentrati di piccolo frutto rosso, ancora qualche leggero richiamo floreale. La bocca persiste acida e fresca, con un frutto più evoluto. Il sorso è materico ma l’astringenza è ben bilanciata dall’acidità in un unicum scorrevole. 

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