Reboro, territorio e passione

di Sissi Baratella 19/02/21
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Michere Purin Reboro Territorio e Passione
Come e perché è nato questo nuovo vino rosso, il Reboro, figlio del semi-sconosciuto vitigno rebo, un ibrido creato in Trentino da merlot e teroldego.

Nel corso della terza edizione dell’evento dell’Associazione dei Vignaioli del Vino Santo Trentino, come ogni anno, si è affrontato il tema dell’appassimento delle uve. Questa tecnica unisce la produzione di un vino nuovo, il Reboro, figlio della Valle dei Laghi (Trento), con molte altre realtà vitivinicole italiane. Lo spirito che anima il gruppo di vignaioli trentini è proprio quello di condividere con altri produttori la propria esperienza in campo di appassimento.  

Qui si produce il Vino Santo trentino, una vera chicca da un piccolo territorio; lungo e oneroso da produrre di fatto è un vino eccezionale e esclusivo. Nasce dall’uva nosiola, varietà bianca autoctona dalle caratteristiche perfette per l’appassimento, tecnica che qui è realtà grazie al vento Ora del Garda, che da Riva soffia verso nord attraversando tutta la vallata. L’acidità di quest’uva non teme la concentrazione degli zuccheri, e nemmeno tutte quelle trasformazioni che ne conseguono, dopo 100 giorni nel fruttaio, e che rendono il vino complesso, profondo e capace di maturare nel tempo in cantina e in bottiglia. Parliamo quindi di un vino naturalmente dolce che, come tutti i vini dolci, inutile nascondersi dietro a un dito, è sempre più difficile da far conoscere al grande pubblico. Un pubblico a cui mancano sempre più le occasioni e la cultura per saper apprezzare e voler consumare un prodotto la cui versatilità è per forza di cose limitata. 

Da qui l’intuizione, perché non provare a appassire anche un’uva rossa? La scelta è ricaduta sul rebo, naturalizzato autoctono. Quest’ibrido è stato infatti generato qui da Rebo Rigotti che unì merlot e teroldego. Tra i tanti “figli” del genetista agronomo questo è stato uno dei più gloriosi, e presto ha fatto della Valle dei Laghi la sua casa. Va detto che sopporta una più blanda disidratazione, dai 30 ai 60 giorni. Intuizione preziosa, quella dei Vignaioli del Vino Santo, a tal punto da valorizzare questo nuovo vino rosso, secco e corposo, unendo al nome dell’uva il più prezioso dei materiali: presto fatto è nato il nome Reboro. 

Reboro territorio & passione” non è solo un evento per far conoscere il nuovo nato (prima annata 2012) ma soprattutto un’occasione di crescita e confronto per i vignaioli stessi con altre realtà italiane dalla storia simile. Quest’anno è nato il gemellaggio con la Valpolicella, che dell’Amarone ha fatto un vanto. L’evento, tenutosi online, si è diviso in due momenti: un convegno con esperti del settore, e una parte di degustazione per mettere a confronto Reboro, Amarone e Vino Santo. 

Nella prima parte sono intervenuti: Enzo Poli, azienda Maxentia, attuale presidente dei Vignaioli del Vino Santo; Maurizio Ugliano professore di Enologia per l’Università di Verona; Fulvio Mattivi, professore di Enologia per l’università di Trento; Olga Bussinello, che per 10 anni ha seguito passo passo la crescita della fama dell’Amarone nel mondo come Direttrice del Consorzio di Tutela Vini Valpolicella. 

Premessa: per appassimento delle uve intendiamo una naturale disidratazione, e conseguente concentrazione, delle uve dopo la raccolta, favorita da una aerazione costante. A seconda della durata del processo possiamo iniziare a parlare di surmaturazione, ovvero di vere e proprie trasformazioni chimico-fisiche all’interno della bacca. 

Non posso riassumere un’ora e mezza di convegno, ma cercherò di riassumere i punti che più mi hanno colpita. Parafrasando i professori Mattivi e Ugliano (i cui interventi si sono perfettamente integrati a vicenda), diciamo che l’appassimento si può fare solo con determinate uve e ha senso solo nel momento in cui le loro caratteristiche organolettiche vengono esaltate e non completamente mutate. Con l’appassimento si possono quindi sì produrre vini completamente diversi purché mantengano identità varietale e territoriale. 

Da non tralasciare il fattore esperienziale, chi beve un vino da uve appassite deve sapere cosa sta facendo per percepirne appieno il valore e l’unicità. In Italia infatti sono 10 le varietà dominanti, tra bianche e rosse, ma infinite (quasi) quelle strettamente connesse a un territorio specifico del quale solo loro sanno esprime il potenziale. Un ultimo punto questo senza dubbio confermato da Bussinello che ha affermato che il consumatore straniero ama entrare in empatia col prodotto e di storytelling non ne ha mai abbastanza. La sfida per un territorio come la Valpolicella è ora tutta incentrata sulla riconoscibilità. 

Nella seconda parte, in degustazione, abbiamo avuto i vini delle aziende: Giovanni Poli, Francesco Poli, Maxentia e Pisoni per il Reboro; Roccolo Grassi, Corte Sant’Alda, Terre di Pietra, Marco Mosconi, Corteforte e Le Guaite di Noemi per l’Amarone; Pravis e Gino Pedrotti per il Vino Santo

Reboro Territorio & Passione cresce anno dopo anno, fornendo contenuti utili e di grande valore scientifico. Non vedo l’ora di scoprire le novità per il prossimo autunno!  

Reboro 2015 Pisoni

91/100 - € 30

Da uve rebo appassite per 30 giorni. Matura in rovere per 3 anni. Rubino intenso e bordo granato. Al naso sono evidenti le note di frutta rossa sotto spirito, arrivano poi la liquirizia e la tostatura. L’ingresso in bocca è avvolgente, alcolico e corposo. Il finale piacevolmente ancora fruttato, con note di cioccolato e dalla buona persistenza. 

Reboro 2013 Giovanni Poli

92/100 - € 40

Da uve rebo appassite per 30 giorni. Matura in barrique per circa 3 anni. Colore granato, ancora rosso intenso al centro. Ormai essenziale al naso, con note balsamiche e iodate. Impattante e concentrato. In bocca è più tagliente, ancora note di rosmarino, alloro e una verticalità che comunica che si tratta di un vino di montagna. Buona persistenza e sorso pulito e elegante. 

 

Foto di apertura di Michele Purin

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