Chef Carlo Andrea Pantaleo, istinto primitivo
La location non ti aiuta a trovarlo, ci devi proprio arrivare perché non è uno di quei ristoranti in cui ci inciampi dentro. Detto ciò lo spazio non manca, è ben studiato (e recentemente rivisitato) e anche all’interno ci si gode la luminosità che penetra dalle ampie vetrate. Milano37 è uno di quei ristoranti in cui la mise en place è moderna, non eccessiva ma ben curata. I calici sono adeguati (e sostituiti di vino in vino), la scelta dei piatti non manca di fantasia, il tovagliato non c’è ma permette ai solidi tavoli di emergere e contrastare nei colori coi piatti.
La proposta prevede dai cocktail, al menù alla carta fino a percorsi di degustazione. La spesa media è alla portata di un pubblico abbastanza ampio, non eccessivamente cara né del tutto economica evidentemente, ma non si esce con la fame e soprattutto ci si torna volentieri. Carta vini rappresentativa di tutto il territorio nazionale, con proposte sia alla bottiglia che al calice e percorsi di degustazione in abbinamento ai piatti. Responsabile principale dei vini è il maître (e socio) Enrico Rizzo, di origine veronese ma adottato dalla Lombardia.
Fatte le dovute premesse, c’è forse una cosa su tutte che emerge e che contribuisce enormemente a caratterizzare questo ristorante, il suo chef. Supervisionato, a distanza, da Gennaro Vitto, direttore creativo, attivo in cucina c’è Carlo Andrea Pantaleo. Anche lui tra i soci del locale, con suo padre, appena trentenne ha una grandissima passione… per il fuoco!
Giovane, ma non troppo, ha già imboccato una strada precisa per la sua cucina. Non è ancora arrivato, né si sente tale, ma sono certa che se seguirà il suo istinto di soddisfazioni ne continueranno ad arrivare. Certo il più grande riconoscimento è avere la sala piena, ma qualche pacca sulla spalla da chi di ristoranti ne gira parecchi spero faccia piacere. E per me se la merita tutta.
L’esperienza a Milano37 mi ha incuriosita proprio grazie a questa sorta di visione primitiva di cucina del suo cuoco e chef, che affascinato dal fuoco ne fa largo uso. Non ha ancora sostituito del tutto i fornelli convenzionali, ma il passo non è poi così lontano. E la scelta, visti i tempi che corrono, potrebbe anche sembrare dettata dal caro bollette. In realtà fa parte di una visione ben radicata e ragionata.
Da anni ormai Carlo Andrea Pantaleo sperimenta col fuoco. E con questo brucia, griglia, cuoce, scalda le materie prime e poi le rielabora. Le trasforma sulla fiamma viva, sui carboni ardenti, sotto la cenere calda. Il gioco sta nel cambiare le consistenze e mischiare i sapori che sono sempre quelli di casa, riconoscibili e rassicuranti ma con quel qualcosa in più. Le porzioni sono decisamente generose, il rapporto qualità/prezzo ottimo, ma la curiosità di vedere come andrà avanti il suo processo creativo batte tutte queste ragioni per tornarci. Non si è inventato niente, per così dire, sia chiaro, ma quello che fa lo fa bene e (almeno credo, e spero) sembra proprio avere un progetto in testa.
Le portate cambiano in base alla stagione e alla disponibilità di ingredienti. Ma alcuni must have dal menù tendono a non uscire mai. Un esempio clamoroso, e goloso, sono gli spaghetti aglio olio e peperoncino. Che detta così può sembrare una banalità, ma non lo è affatto. A arricchire la ricetta fiordilatte e gambero rosso crudo. A “prova di bacio” grazie alla lavorazione che subisce l’aglio, la tecnica batte l’alitosi. Altro piatto ordinatissimo è la melanzana alla brace con mousse di melanzana, concentrato di pomodoro, polvere di olio di oliva e cipolline. Ma tra quelli assaggiati il mio preferito è stato lo gnocco di patate piastrato con astice, lattuga e vaniglia. Un piatto di un equilibrio davvero ben riuscito tra parte grassa, vegetale e quella dolce.
I percorsi degustazione prevedono sempre anche delle entrate, curate e raffinate, dei pre-dessert e dessert finale. Altra nota molto positiva, c’è una pasticciera in cucina! I dolci sono davvero molto buoni e non banali. Non arriverete mai affamati al dolce ma lo spazio lo troverete sicuramente. Io ho assaggiato un tris di mini stecchi gelato realizzati in casa, dai colori sgargianti e dalle combinazioni di sapori entusiasmanti. Il mio preferito quello agli agrumi rivestito di cioccolato ruby.
Vale la visita, specialmente se da milanesi vi va di evadere dalla frenesia metropolitana e dedicarvi del tempo per tenere le gambe sotto al tavolo. Io ci tornerò senz’altro!
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