Osteria Palmira e la solidità di tre generazioni

di Iolanda Maggio 22/06/22
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Osteria Palmira - la sala
Un’osteria di quartiere a Monteverde Vecchio a Roma, una deliziosa e solida trattoria tutta incentrata sui piatti della cucina tradizionale romanesca.

Il quartiere Monteverde Vecchio, che fino a 80 fa era praticamente piena campagna alle porte di Roma e che ora è invece un elegante quartiere centrale a ridosso di Villa Pamphili, ospita - in via Abate Ugone, al 29 - un’osteria aperta nove anni fa ma che vanta una lunga tradizione di famiglia dietro ai fornelli. La nonna degli attuali proprietari Claudio e Assunta Rocchi, la signora Assuntina, campeggia infatti - capelli candidi e cipiglio fiero - in una grande foto in bianco e nero appesa in sala, davanti a una trattoria di via del Boschetto nel 1958. È lì che Claudio e Assunta sono cresciuti con mamma Palmira e papà Antonio. Cresciuti tra profumi di sugo e sfrigolii di padelle, la ristorazione ce l’hanno nel sangue

Le origini della famiglia sono di Amatrice e il culto per i buoni salumi e formaggi è arrivato col passare degli anni fino a noi. Ora quindi ci sono Claudio e Assunta, la terza generazione, a portare avanti la tradizione di famiglia. Claudio, dopo varie esperienze sempre nella ristorazione - nel cuore dei clienti c’è ancora il suo Bros’, locale brasiliano a Trastevere - è tornato alle origini aprendo con la sorella questa deliziosa e solida trattoria tutta incentrata sui piatti della cucina tradizionale romanesca.
 

L’ambiente è spartano ma caldo e familiare, brocche per il vino della casa appese sul bancone dell’ingresso, dove colpisce una vecchia bellissima panca di legno, pochi tavoli ben disposti e tante bottiglie di vino negli scaffali alle pareti. Una piacevole veranda all’aperto e tavolini anche sul marciapiede all’ombra degli alberi del viale. Sorrisi a profusione entrando per un’accoglienza squisita. Era la mia prima volta lì ma mi sono sentita già “di casa”.

Il menù è snello, godurioso e invitante. Tanta tradizione e anche qualche piatto che è davvero raro ormai trovare in giro. Provo le Polpette di pane e cicoria, grosse, morbide, di sostanza e saporite: quando la semplicità diventa bontà assoluta. Proseguo con i Crostini con patè di fegatini, li adoro, non facili da trovare nella Capitale ma mi rendo conto ad ogni boccone il perché Osteria Palmira è una delle migliori trattorie di Roma. Il trittico di antipasti lo chiudo con lo Spezzatino alla Picchiapo’, leggermente piccantino, dal sughetto ben tirato e i bocconcini piccoli piccoli di carne tenerissimi, l’ottimo pane del cestino da inzuppare a profusione. Goduria.

Avanti tutta con i primi piatti, anche qui, un trittico: i Rigatoni alla Gricia, gli Spaghetti all'Amatriciana e le Fettuccine con fave, guanciale e pecorino. Nel menù è specificato che le paste secche sono Felicetti e che le paste fresche sono tutte rigorosamente fatte a mano da Assunta. Bene, complimenti ad Assunta, di cuore! Le fettuccine così, un po’ erte, porose ed elastiche non le mangiavo da un bel po’, buonissime. Riccamente condite e mantecate con quel tanto di pecorino da fare la cremina con l’amido della pasta. Buoni anche gli altri due primi dalle porzioni generose. 

Tra i secondi, anche se sono già satolla, non rinuncio a Le lumache al sugo. Non si trovano più, a Roma quasi impossibile. Io le adoro e sono stata pienamente soddisfatta. Servite in una zuppiera con gli appositi stuzzicadenti di legno, non temete di inzaccherarvi mani e maglietta, dopo si lava tutto e ne vale senza ombra di dubbio la pena. Consiglio per gli stomaci più allenati: se, una volta finite le lumache, resta il sughetto nella coppa, rimandatelo in cucina e fatevi buttare dentro una porzione di rigatoni…vi assicuro che avrete tutta la mia stima!

I dolci, un Tiramisù e una Crema bruciata agli agrumi, mi sono piaciuti meno. Il Tiramisù un po’ troppo “pannoso” e la crosticina di zucchero caramellato della Crema bruciata non croccante come dovrebbe essere ma forse un po’ il caldo, un po’ i sensi di colpa avranno influito. 

Un’osteria di quartiere dove è il passaparola a fare da biglietto da visita perché come dice Claudio: “qui fuori non ci sono monumenti, qui si viene per noi” ed ha pienamente ragione. Belle le spume, le riduzioni, le polverine e i gel, ma il gusto vero e unico della tradizione non può essere eguagliato. Mai. Sarà una frase fatta, ma è come per le mode, passano, gli abiti classici restano intramontabili.

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Osteria Palmira
22/06/22 Redazione




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