PB di Peter Brunel: una stella di ristorante

di Sissi Baratella 01/12/21
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PB Peter Brunel cucina a vista
Quella dello chef trentino è una cucina che non rallegra solo olfatto e palato ma che tende a coinvolgere anche altri sensi e smuove ricordi. 

La Valle dei Laghi ha di nuovo la sua stella e il merito è di Peter Brunel. Lo chef che, dopo un fortunato incontro con un investitore della zona, nel 2019 ad Arco (Trento), immagina e realizza il PB Peter Brunel, ristorante che dopo appena due anni dall’apertura viene insignito di Stella Michelin e, sempre dalla rossa delle guide, del premio Miglior Servizio di Sala 2021. 

Chef classe 1975, originario della Val di Fassa, Brunel è uno di quei cuochi talmente appassionati di cucina che ne hanno fatto da subito una professione. Diplomato all’istituto alberghiero dopo le prime esperienze diventa chef e riceve la sua prima stella nel 2003 a 28 anni a Riva del Garda; il destino lo riporta anni dopo proprio in vicinanza del Lago, là dove il vento Ora del Garda ti accompagna dalla sera alla mattina e in tutte le stagioni, a rincorrere un nuovo successo che non tarda ad arrivare.

Il locale sa essere intimo e al contempo di ampio respiro. I tavoli sono profondi, le sedie accoglienti. Non mancano zone di disimpegno dove divanetti, poltrone e focolari danno l’illusione di essere a casa. Entrare nel locale di Peter e attraversarlo per raggiungere il proprio tavolo genera da subito un vivace insieme di emozioni (senza aver ancora assaggiato la cucina). Il merito è anche dell’alternanza di zone confort e zone funzionali al pasto, il contrasto tra il calore del focolare e la freddezza funzionale della cucina a vista, la cornice alla finestra della pasticceria che la trasporta in un quadro animato e tutte le sue forme e colori, gli spazi all’interno moderni e alla moda in alternanza all’esterno dove elementi naturali come cespugli, arbusti e acqua corrente ci ricordano che siamo immersi in uno dei paesaggi naturali più belli di sempre. 

Un paesaggio naturale che costituisce la fonte di ispirazione primaria per lo chef. Le materie prime usate nel locale sono per minimo l’80% di provenienza locale e regionale, costituendo lo zoccolo duro della proposta food. Anche la carta vini non scherza dove, tra le più di 1200 referenze, giocano un ruolo importante le bollicine e i vini, soprattutto bianchi, trentini. Fanno capolino anche i localissimi e vicinissimi vini della Valle dei Laghi. Non è raro trovare inserito in un piatto o in abbinamento il prezioso Vino Santo Trentino. Da uve nosiola, bianche - autoctone - dalla maturazione tardiva, naturalmente appassite grazie all’azione del suddetto vento, danno un vino dolce di grande persistenza e complessità. Fresco e affilato, da bravo vino di montagna, non teme il confronto con blasonati vini passiti d’Oltralpe. (solo che costa un po’ meno, quindi cosa state aspettando?) 

Questa attenzione locale e ritorno alle origini dello chef fa sì che la sua sia una proposta di cucina “creativa ma ancorata a tradizione e territorio”, usando le sue parole, e capace di trasformare una banale patata o un’umilissima cipolla in un’esperienza che coinvolge più sensi. 

Non è raro che lo chef tenda a nascondere alcuni elementi del piatto, e che stia all’avventore andare a scoprirli e ricercarli. Questa cosa succede per esempio con Uovo e uova, dove un uovo in camicia e delle sapide quanto scoppiettanti uova di trota sono immersi in una spuma di patata e topinambur. Oppure alla carne di vitello che cela la sua indescrivibile morbidezza sotto un velo trasparente di gelatina al Vino Santo che dà l’illusione di qualcosa di rigido, come fosse caramello o vetro. Non male anche la patata novella ricoperta di argilla, che ho avuto modo di provare alla mia prima visita… un piatto che genera iterazione, divertimento e stupore. Una sensazione strana che a distanza di un anno ricordo ancora nitidamente sotto ai denti. Una cucina quindi che non rallegra solo olfatto e palato ma che tende a coinvolgere anche altri sensi, smuove ricordi e genera confronto tra gli ospiti. 

Il mio assaggio preferito, senza dubbio La Causa Relena. Piatto di origine peruviana reinterpretato in chiave trentina. Patata gialla e patata viola schiacciate, lavorate con burro che le rende soffici e “scioglievoli”, queste accolgono una sarda di lago, con salsa al peperone e salsa di avocado. Piatto che viene proposto con un cocktail sempre firmato Peter Brunel, La Busa: su ispirazione del Pisco Sour mette insieme l’acquavite dell’azienda Pisoni, lo spumante Brezza, polpa di susina, sciroppo di zucchero e succo di limoni del Garda. Io invece l’ho potuto apprezzare con L’Aura 2018, cantina Gino Pedrotti. Un 50% chardonnay e 50% nosiola, vinificate con le loro bucce. Vino che al naso, grazie alla macerazione, è materico tanto quanto il piatto, ma in bocca è fresco con l’alternarsi di note di frutta gialla e un sorso lungo che sul finale ricorda la radice di liquirizia e una sfumatura il cardo.  

Esperienza da ripetere e consigliata! 

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PB Peter Brunel
01/12/21 Redazione




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