Formaggio = latte, territorio e sacrificio

di Flavia Rendina 21/02/19
1977 |
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tavolo formaggi formaticum
Nasce Formaticum, una mostra-mercato delle rarità casearie italiane, per riscoprire il senso del formaggio. A Roma sabato 23 e domenica 24 febbraio.

In tempi di latte versato e proteste di allevatori, viene da chiedersi cosa rappresenti per noi il formaggio oggi. Cosa ci aspettiamo in termini di gusto? E di prezzo? Ma, soprattutto, ci siamo mai fermati a pensare a quali dinamiche nascoste ci siano dietro a quel prodotto standardizzato, incellofanato o pre-affettato che troviamo nei supermercati? Insomma, sappiamo veramente di “cosa” è fatto un formaggio?

Secondo Vincenzo Mancino, uno dei più noti esponenti e conoscitori del settore caseario, patron di DOL e da poco anche di ProLoco DOL Trastevere, «il formaggio è territorio, ovvero il prodotto finale di quell’insieme di storia, cultura, tradizioni, artigianalità e ambiente fisico di cui, per convenzione, disegniamo i confini sulle mappe». Il formaggio, quindi, al pari degli altri prodotti frutto delle tradizioni artigianali, sarebbe l’ultimo anello di una catena attraverso cui risalire a ritroso all’insieme storico-culturale-biologico di un luogo, in una parola prestata dal vino al terroir, e quindi valorizzarlo. Di questo “luogo” fanno parte gli allevatori e fanno parte gli animali, legati da una simbiosi indissolubile. «Per un allevatore, l’animale è parte integrante della propria vita: non conosce festività, giorni di malattia e ferie, ma va nutrito, munto, accudito e coccolato ogni giorno. Un lavoro che non ha orari e che non ha prezzo» sottolinea Vincenzo. Per questo, secondo lui, quello che sta succedendo in Sardegna era una situazione preannunciata da almeno 40 anni: «esistono dinamiche terrificanti di cui dobbiamo prendere atto, poiché la situazione agricola è composta sia dalle realtà produttive sia dai fornitori che fanno da intermediari con la grande distribuzione: due attori che in questo momento sono a un punto di rottura e devono trovare il modo per rinnovare il proprio rapporto, in direzione di una maggiore tutela di un mestiere antico, difficile e carico di valenze culturali qual è quello dell’allevatore».

È proprio per questo che lui e La Pecora Nera Editore, casa editrice attiva nel mondo dell’enogastronomia, hanno ideato un evento che facesse da vetrina e mettesse in contatto diretto i piccoli produttori di formaggi italiani con i consumatori. L’evento è Formaticum, una mostra-mercato delle rarità casearie italiane, patrocinata dalla Regione Lazio, e andrà in scena il prossimo sabato 23 e domenica 24 febbraio presso lo spazio WeGil, nel cuore di Trastevere. A partecipare sono stati selezionati una trentina di allevatori-produttori che lavorano una sola tipologia di latte (ovino, caprino o vaccino), provenienti da tutta Italia, che avranno modo di raccontarsi e vendere i propri prodotti senza intermediari, a un pubblico di appassionati e operatori del settore. Durante la manifestazione si svolgeranno anche seminari e corsi di degustazione promossi da ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatore di Formaggi), per guidare il grande pubblico alla conoscenza del prodotto caseario.

Alla presentazione è stato già possibile conoscere due dei produttori che saranno protagonisti alla fiera, le cui storie hanno appassionato e commosso il pubblico. Da una parte c’è stato il racconto di Marco Borgognoni, trentenne, che il 15 dicembre scorso ha aperto il suo caseificio, La piccola formaggeria artigiana a Viterbo, dove si dedica alla lavorazione di formaggi di latte di pecora morbidi, poco diffusi nel Lazio. «Non sono allevatore – racconta – ma conosco la fatica che comporta, per questo pago il latte di qualità di cui mi approvvigiono 91 centesimi al litro: un prezzo remunerativo, ma comunque mai equo, perché la vita che i pastori sacrificano per questo lavoro non si ripaga».

 

L’altra storia, estrema e romantica, è stata quella di Stefano Tozzi e della sua compagna ungherese Zsuzsanna Komaromi, pastori e da poco anche produttori tra gli Altipiani di Arcinazzo e Mariano Equo, nella Valle dell’Aniene, con l’azienda Le caprette di Zsù. «Io e Zsu ci siamo conosciuti percorrendo il cammino di Santiago – racconta Stefano – e abbiamo deciso di realizzare il nostro sogno di allevare capre. La scelta è stata radicale: Zsu era ingegnere in Ungheria ma ha mollato tutto per trasferirsi qui e dedicarsi interamente alle capre, mentre io per ora mi divido tra l’azienda e il mio lavoro da infermiere nel reparto di cardiochirurgia dell’ospedale Bambin Gesù di Roma». A persone come loro, che hanno scelto di riscoprire uno dei lavori più antichi dell'umanità e tornare alla terra e alla natura, è dedicata questa iniziativa, che speriamo serva ad accendere seriamente i riflettori su uno dei lavori più impegnativi e importanti per il nostro Paese, prima che altro latte venga versato.

FORMATICUM

Sabato 23 febbraio - Orario: dalle 11.00 alle 20.00

Domenica 24 febbraio - Orario: dalle 10.00 alle 19.00

WeGil - Largo Ascianghi, 5 00153 Roma RM

Costo del biglietto d’ingresso: 5,00 euro, comprensivo di calice e degustazione

Ingresso gratuito per gli operatori previa registrazione sul sito

info@formaticum.info

Facebook: https://www.facebook.com/events/532758100478748/

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