Intervista al giovane Gabriele Valentini

di Annalucia Galeone 24/06/20
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Famiglia Valentini Abruzzo
26 anni, laurea in Economia, Gabriele Valentini affianca il padre Francesco Paolo in azienda, avendo seguito fin da bambino anche il nonno Edoardo.

Gabriele Valentini come il nonno Edoardo e il papà Francesco Paolo non è un uomo da palcoscenico, a parlare sono i loro vini in tre versioni montepulciano, trebbiano e cerasuolo. Sono ottenuti dai 70 ettari vitati su 250 di proprietà. Per apprezzarli bisogna aspettare, chi ha fretta desista, la longevità è una delle principali caratteristiche, le bottiglie prodotte sono 32.000 in totale. Nella casa cantina a Loreto Aprutino, un antico palazzo nobiliare, non sono previste né visite né vendita diretta. 

Gabriele ha 26 anni, dopo la laurea in Economia a Pescara ha intrapreso il percorso in azienda, Francesco Paolo è il suo mentore, gli somiglia molto. Da sempre le metodologie di produzione sono un’opera di alto e rigoroso artigianato, con tali presupposti la scelta di facoltà come Agraria o Enologia erano fuori discussione, le pratiche applicate in casa Valentini sono in direzione contraria e ostinata alle omologazioni. I presupposti per onorare le radici e la tradizione familiare ci sono tutti.

DoctorWine: Il passaggio di testimone tra nonno e babbo ha determinato un cambiamento notevole pur nell'assoluto rispetto dello stile aziendale. Come ti comporterai quando avrai la piena responsabilità?

Gabriele Valentini: I cambiamenti ci sono stati e ci saranno, lo stile e il modo di approcciarsi alle problematiche rimarranno sempre gli stessi. Le trasformazioni saranno adattamenti all'ambiente, al clima e al mercato, non c'è la volontà di modificare qualcosa per renderlo diverso. Sono un umile allievo di mio padre, mi attengo al suo giudizio, al suo know how, parto da lì per trarre le mie conclusioni. Ho iniziato solo sette anni fa a lavorare in cantina, lui ha quarant'anni di esperienza alle spalle, sono ancora un apprendista.

DW: È un lavoro che hai scelto o ti sei trovato?

GV: Nessuna delle due opzioni. Sin da bambino ho giocato in bottaia, l'attività si svolge prevalentemente nella nostra abitazione, è una realtà che ho vissuto, ci sono cresciuto. 

DW: Essere un Valentini è una responsabilità?

GV: L'azienda esiste da diversi secoli, risale al 1650, in chiave moderna con la commercializzazione del vino in bottiglia conta 70-80 anni, ho un po' di timore reverenziale nel guardare al passato e nell'attesa del futuro, ma non sono poi così drammatico.

DW: Qual è lo stile Valentini?

GV: Lo stile non posso definirlo io, se così fosse reciterei, vi racconto qual è l'interpretazione del nostro concetto di artigianalità. Il focus è sulla materia prima, la qualità ce la giochiamo nella selezione in vigna e nello stato di salute delle uve. Cerchiamo di trarre il meglio dalla vendemmia, se non soddisfa i criteri ricercati rischiamo di saltare annate e perdere parte del raccolto. Utilizziamo pochissima chimica, non aggiungiamo, non correggiamo, va in bottiglia il meglio, diventano sfuso le teste e le code.

DW: Cosa pensi dei vini naturali e biodinamici?

GV: Non esistono verità assolute, solo valori condivisibili o meno. Non è importante classificare all'interno di una certificazione il proprio modo di fare vino, non occorre un disciplinare, a volte si rimane ingarbugliati, si inizia con i migliori propositi per essere strumentalizzati a fini di marketing e di vendita. L'idea di fondo di queste correnti di pensiero è autentica, i propositi sono i migliori, non è giusto fare di tutta un'erba un fascio.

DW: Quanto è importante il dialogo e il confronto tra viticultori?

GV: L'identità del vino abruzzese è decollata grazie al contributo di personaggi come mio nonno, Gianni Masciarelli, Emidio Pepe e tanti altri. Tutti hanno concorso a farlo conoscere nel mondo. Il dialogo e il confronto sono necessari, sia dal punto di vista commerciale che tecnico. Nessuno può avere la presunzione di sapere tutto, ad esempio con il cambiamento climatico la crescita vegetativa non è omogenea, esistono problematiche nuove e insetti sconosciuti. Fare rete con i produttori dei comuni vicini per me dev’essere la regola, sono amici non rivali. C'è tra noi molta coesione.

DW: L'Abruzzo del vino quale direzione ha preso?

GV: L'Abruzzo è un territorio vocato, unico per il microclima, la vicinanza delle montagne alla costa, la forte escursione termica, la varietà morfologica. Il neo della produzione regionale è la radicata e antiquata mentalità anni '50 di puntare sulla scarsa qualità e grande quantità. Il consumatore rimane spiazzato dalla forte disparità di prezzo nella stessa area, le nuove leve di produttori gradualmente stanno abbandonando questo obsoleto modus operandi abbracciando una impostazione volta alla valorizzazione dei vitigni autoctoni e rese inferiori. 

DW: Mi parli del frantoio nato recentemente?

GV: Il frantoio è stato un ritorno alle origini, lo abbiamo aperto a Loreto in comproprietà con i Cerretani. I miei antenati erano frantoiani, nell'800 esportavano all'estero, all'epoca era un’occupazione fuori dagli schemi, l'impianto nella nostra dimora era il più grande della zona. Le tecniche di produzione dell'olio sono cambiate, la tecnologia è essenziale, più l'estrattore è efficace migliore è il prodotto ottenuto, per questo motivo ci affidiamo a dei validi esperti. Moliamo due varietà soprattutto, la dritta e il leccino.

DW: Avete appunti sui cambiamenti climatici dal 1818, soprattutto sul trebbiano. A che punto è il vostro studio?

GV: Da sempre c'è stata la propensione ad appuntare la vita lavorativa e familiare. Attraverso i registri della campagna in cooperazione con l'università di Bologna abbiamo ricostruito i tempi di inizio di ogni vendemmia per fare un parallelo con l'industrializzazione, si è scoperto che le date sono state progressivamente anticipate come conseguenza al riscaldamento globale e all'innalzamento delle temperature. La ricerca al momento la portiamo avanti con il professor Piero Di Carlo, fisico e meteorologo dell'università di Chieti. Il tutto era nato come curiosità, si è evoluta diventando una chiave di lettura sulle evoluzioni e sulle ripercussioni del meteo sulla vita dell'uomo e l'ambiente.

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