La fake news dei vini bianchi da bere giovanissimi

di Antonella Amodio 01/07/20
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vino bianco invecchiato
Ci sono molti vini bianchi (in Campania e altrove) che il tempo non solo non rovina, ma addirittura arricchisce di fragranze, struttura e fascino.

In questo periodo di degustazioni per la Guida Essenziale ai Vini D’Italia, ancora una volta constato che i vini bianchi della regione Campania - e non solo - hanno bisogno di tempo per esprimere le proprie caratteristiche, identificative degli stessi vitigni con i quali sono prodotti. Certo, non tutte le varietà e i relativi vini sono adatti ad affrontare il tempo e di conseguenza a migliorare con gli anni, perciò parametri diversi, come un buon grado di acidità, diventano caratteristiche fondamentali.

Fiano, greco e falanghina, ad esempio, sono tre vitigni indigeni che hanno un potenziale di longevità incredibile, e solo a distanza di anni – con idoneo affinamento – si esprimono nella maniera più completa, mostrando il loro carattere.

Mi rivolgo innanzitutto ai produttori, ai quali va tutta la mia solidarietà per un mercato oggi praticamente fermo, visto che la maggior parte del vino si vende al ristorante. Mi permetto di suggerire loro di cogliere questo momento come un’opportunità di rimandare l’uscita di quei bianchi che sanno sfidare il tempo, per regalare poi sorsi completi e all’altezza del vitigno di origine. 

Comprendere le potenzialità di un vino, quando è molto giovane, non è cosa per tutti i consumatori, che si limitano – giustamente - al “mi piace” o “non mi piace”. L’esperto, il sommelier, il critico hanno altri strumenti di conoscenza: sono allenati per individuare quando sarà (e se ci sarà) il momento della forma migliore, lasciando riposare il vino in cantina, in modo da non penalizzarlo e poi godere pienamente dell’apice sensoriale, fatto di equilibrio gustativo e massima espressione olfattiva. 

La falanghina, ad esempio, ha una ricchezza aromatica per me affascinante, con una capacità di invecchiamento notevole, che dall’olfatto di note fresche di banana e limone, quando è giovane, porta lo spettro aromatico a diventare col tempo ampio e profondo, virando verso sensazioni balsamiche e speziate. 

Senza parlare della vite per me (parere personalissimo, ovviamente) più elegante del territorio nazionale: il fiano, che inizia ad esprime il meglio di sé dopo almeno tre/quattro anni dalla vendemmia, godendo di un equilibrio e di una finezza come pochi, con profumi e sapori che virano nel tempo verso il tè, l’idrocarburo e le note di fumo. 

E poi il greco, “un rosso travestito da bianco” con il suo spessore, la sostenuta acidità e la corposità del vitigno, che solo il tempo fa apprezzare. Se ne ricava un vino molto strutturato, potente e raffinato nel richiamo dei profumi di curry e di chiodi di garofano, mentre al sorso la freschezza lo segna a vita. 

Vini, dunque, che il tempo non sono non rovina, ma addirittura arricchisce di fragranze, struttura e fascino, e la fase di maturazione corrisponde ad un periodo di perfezionamento sensoriale.

Produttori come Mastroberardino, Sabino Loffredo, Di Meo, in Irpinia, poi Villa Dora, sul Vesuvio, Cantine Astroni, Contrada Salandra, La Sibilla, nei Campi Flegrei, Monte di Grazia a Tramonti, e Fontanavecchia nel Sannio, da sempre escono con etichette di vini bianchi con molti anni di affinamento. Vini che dall’uscita in commercio iniziano a vivere la fase giusta per essere degustati.

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