Vino e Musica: Move di Hiromi The Trio Project e Montevetrano 2018

di Redazione 15/06/21
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Move di Hiromi Trio Project e Montevetrano 2018
Per le grandi recensioni musicali di AFdigitale.it curate da Diego Scardocci abbiamo Move di Hiromi The Trio Project che Daniele Cernilli ha abbinato al Montevetrano 2018.

 

di Diego Scardocci

L’impeto dei musicisti di origine nipponica è quasi proverbiale, sebbene talvolta rei di una qual certa freddezza e distacco relativamente alla parte emozionale dell’opera. Naturalmente portati all’esibizione di una tecnica prodigiosa frutto di maniacale e costante applicazione allo strumento, in certi casi uniscono tecnica ed anima in maniera eccellente, come in questo caso.

Hiromi- The Trio-Project: Move – Il disco

Sono sempre stato attratto da un certo tipo di musica, particolarmente quella dove il virtuosismo strumentale la fa da padrone, aspetto che impone una ferrea disciplina applicativa nei confronti dello strumento prescelto al fine di padroneggiare le caratteristiche di emissione gestendo le dinamiche in maniera appropriata. Ciò non significa che l’espressione artistica debba essere ridotta ad una mera esibizione di forza sacrificando la parte emozionale, aspetto questo che porterebbe ben presto a stanchezza d’ascolto dando l’impressione – e capita talvolta – di assistere ad una serie di esercizi di stile, più come se si stesse “studiando” lo strumento che eseguendo una partitura.

Non è questo il caso di questa eccellente pianista, davvero in grado di fondere gli stilemi più classici con il jazz – ottenendo ottimi risultati – oppure di lanciarsi in ardite dissonanze in unione a complesse armonie gestendo in maniera assolutamente inusuale la parte ritmica. In effetti ciò che balza immediatamente all’orecchio – e volendo anche all’occhio per chi ha avuto la ventura di apprezzarla dal vivo – è l’indubbia capacità di separare con assoluta nettezza il lavoro della mano destra e della sinistra, una vera e propria dicotomia che porta a risultati incredibili, sembra davvero di sentir suonare due pianisti.

Anthony Jackson al basso elettrico a sei corde e Simon Phillips alla batteria sono i due notevoli comprimari che definire tali appare perfino riduttivo, tanta è la maestria e lo spazio che la nostra – assolutamente e intelligentemente affatto gelosa della cattedra – riserva ai compagni di viaggio, imprescindibile sostegno di questo trio. Dotatissimi e perfettamente in grado di sostenere le audaci pennellate sonore sapientemente dosate dalla nostra, si rendono effettivamente protagonisti alla pari di questo disco; d’altronde non sono certo personaggi di primo pelo, anzi, basta scorrere le numerose collaborazioni per rendersi conto della loro “pesantezza” nel panorama musicale.

Hiromi-The Trio-Project: Move – Qualità sonora

Parlare di Telarc è fin troppo facile, stante una qualità sonora mediamente elevatissima che non prevede la minima sbavatura o imprecisione dell’incisione, anzi, a favore di questo parametro valga l’eccellente distribuzione degli strumenti sul palcoscenico e la maniacale cura dell’assetto timbrico.

La cifra sonora è come consuetudine di questa azienda calda e corposa, morbida ma definita, ogni singola sfumatura è perfettamente delineata e verosimilmente inserita in un contesto spaziale di giuste dimensioni, parecchio sviluppato sia in larghezza che in profondità, connotato questo che garantisce una notevole somiglianza con l’evento dal vivo.

Il pianoforte presenta, a mio modesto avviso, connotati di pienezza notevolmente appaganti dal punto di vista acustico, ove la parte sinistra della tastiera appare apprezzabilmente robusta ad opportuno sostegno della parte centrale – massimamente sfruttata dalla simpatica fanciulla – sebbene per nulla sovrastante o inopportuna. Idem dicasi per le risonanze e gli aloni della cassa armonica, necessariamente protagonisti nel caratterizzare la timbrica, ottimamente evidenziati da un’eccellente presa di suono, segno distintivo dell’esperienza di chi l’ha effettuata.

Bellissimo ed incredibilmente realistico il piccolo sintetizzatore KORG Micro-KORG utilizzato in unione al pianoforte, strumento la cui sonorità sarebbe irrimediabilmente compromessa da una registrazione meno che accurata.

Un trattamento di prim’ordine è altresì riservato a basso e batteria, contesto nel quale la definizione strumentale – malgrado l’enorme massa d’aria messa in moto da Jackson e Phillips – mai si trasforma in fanghiglia. La gestione dei rispettivi strumenti è evidentemente correlata a quel necessario impatto che dato il tipo di proposta deve essere presente. Spazio quindi a corpo e sostanza, massiccio e conveniente sostegno al dinamismo pianistico della titolare, accuratezza maniacale nella gestione delle dinamiche allorquando momenti impetuosi sono seguiti da quasi silenzi.

Insomma, un disco non per deboli di cuore, amanti di una certa fusione tra generi – jazz e classica come anticipato – sicuramente aperti ad interpretazioni innovative e sapidi virtuosismi in grado di scuotere non solo le pareti ma anche le corde dell’animo.

Il vino suggerito da Doctorwine.it

di Daniele Cernilli

Il cuore e la tecnica sono due aspetti che abbracciano molte espressioni dell’attività umana. L’album dell’Hiromi Trio Project è proprio un esempio di questo, come viene perfettamente spiegato da Diego Scardocci. Per abbinare un vino all’ascolto allora mi sono chiesto quale fosse il più adatto a dar conto di tutto questo. Quale sia un vino che mette insieme tecnica enologica raffinata e grande passione. Mi è venuto in mente un rosso campano prodotto a San Cipriano Picentino, in provincia di Salerno da Silvia Imparato, signora elegante, fotografa di grande sensibilità, che ormai da trent’anni lo produce con la consulenza tecnica di Riccardo Cotarella, uno fra i più famosi enologi italiani.

Si chiama Montevetrano, deriva da uve cabernet sauvignon per il 50%, aglianico per il 30% e merlot per il 20%. e matura in piccoli fusti di rovere francese per circa un anno.

La versione del 2018, appena uscita, presenta un colore rubino intenso e concentrato, profumi speziati e fruttati, con note di ciliegie scure, more, lieve tamarindo, pepe nero e un accenno di vaniglia. Il sapore è caldo, potente, ricco, con la componente tannica fine e sfaccettata, e una persistenza finale avvolgente e molto lunga.

In enoteca costa intorno ai 50 Euro.

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