Villa Saletta, la Val d’Era e il futuro del vino di Pisa

di Paolo Valdastri 25/02/22
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Villa Saletta Vigna Torrino
Un progetto grandioso che ruota intorno al concetto di biodiversità, all’ottenimento del perfetto equilibrio ambientale con colture differenziate e complementari tra loro: vino, olio, ma anche silvicoltura, erbe e fiori di campo, tartufi e selvaggina. Per tacere della ristrutturazione dell’antico borgo di Villa Saletta, destinato a divenire un resort di lusso.

La storia dei vini delle Colline Pisane è antica e tormentata. Incerti tra dipendenza dal Chianti generico, con il nome di Colline Pisane, e indipendenza grazie alla nuova Doc Terre di Pisa, indecisi tra tradizione del Sangiovese e innovazione in stile bolgherese, questi vini spesso non hanno rispettato le aspettative di grandi firme dell’enologia nazionale venuti qui alla ricerca di terreni vocati lontani dalla folla lungo la costa toscana. Anche la vastità del territorio della provincia di Pisa non ha giovato alla sintesi: Montescudaio è andata subito per la sua strada con la propria Doc, San Miniato non ha avuto lo stesso coraggio ed è rimasta in un limbo ancora indefinito, Volterra ha cominciato da poco ad affrancarsi dall’immagine di zona sterile. Ma la zona di riferimento, forse la più importante, il cuore del vino di Pisa batte nella valle dell’Era, tra Terricciola, Fauglia a ovest e Palaia e Ghizzano a est.

In queste terre, dai suoli e dai microclimi molto variabili tra i fondivalle fertili e umidi, costellati un tempo dalle produzioni di tabacco, e le colline caratterizzate da suoli eterogenei, si sta cominciando solo ora a trovare la quadratura del cerchio. Lo studio metodico e approfondito dei suoli, dell’adattamento dei vitigni, delle vinificazioni più adatte alle singole produzioni, sta sortendo effetti positivi nell’ottenimento di vini dalla qualità finalmente in grado di competere con i grandi vicini della costa.

In un panorama così variegato, Villa Saletta si affaccia con prepotenza sul mercato del vino e del ricettivo turistico con un percorso che porta dall’antico latifondo utilizzato come salvadanaio di famiglia a una realtà agricola e turistica moderna e tra le più esclusive del mondo.

Il merito di tutto questo è da ascriversi alla famiglia inglese Hands, attiva nel mondo dell’alta finanza e dell’hotellerie di lusso, che nel 2000 acquista una proprietà, Villa Saletta, di oltre 720 ettari con boschi, ulivi, vigne, coltivazioni, ma soprattutto con uno storico borgo trecentesco e numerosi casolari e ville. 

Villa Saletta risale al 980 dC e nei secoli è appartenuta a nobili famiglie come i Gambacorti, i banchieri Riccardi, soci dei Medici come ricorda il fiorentino Palazzo Medici Riccardi, poi i Catelli e infine gli Hands. Dai Riccardi deriva lo stemma con la chiave utilizzato nelle etichette del 980AD.

Per ora sono stati investiti 60 milioni di euro, ma le previsioni parlano di una cifra totale di oltre 250 milioni. I lavori sono in corso, per ora sono state realizzate la cantina provvisoria (studio Rossiprodi) e gli uffici, già destinati a una rapida sostituzione. Presto cominceranno i lavori per la nuova cantina e per la ristrutturazione dell’antico borgo di Villa Saletta, destinato a divenire un resort di lusso con 43 appartamenti di 300mq l’uno, con spa, personale di servizio, maggiordomo e chef privati, al quale potranno accedere, secondo le previsioni, solo tremila persone al mondo dotate di questa capacità di spesa. 

Fortunatamente sarà sempre possibile visitare la tenuta, le vigne e le cantine e godere di un ambiente agreste aperto e sospeso in un’atmosfera rarefatta e avvolgente. La varietà dei paesaggi e delle coltivazioni è straordinaria. Si passa dalla pianura umida dell’Era, con le antiche tabacchiere destinate in futuro a diventare centri ippici, alle colline con vigne e oliveti, ai boschi incastonati nelle numerose vallate e popolati da selvaggina e cacciagione per la caccia all’inglese. Particolare non trascurabile, la presenza di tartufi bianchi. Non per niente siamo ai confini di San Miniato, mentre a meno di un chilometro dalla cantina c’è la sede della Savini Tartufi. In attesa del completamento dei lavori, che prevedono anche l’apertura al pubblico di alloggi, di un ristorante di alto livello, di un’osteria con negozio, possiamo intanto fare il punto sullo stato dell’arte dei vini prodotti e degli obbiettivi futuri.

La parte agronomica ed enologica è curata dal 2015 da David Landini, coadiuvato in campo da Silvia Mellini. David, che è anche CEO dell’azienda, ha in produzione sette etichette: uno spumante metodo classico, un rosato, un Chianti Docg e quattro Supertuscan per ora Igt. 

Lo stile dei vini e la Fermentazione Integrale

La famiglia Hands, al suo arrivo, non ha fatto segreto della sua predilezione per le uve internazionali, Cabernet e Merlot, mentre l’enologo dell’azienda si è attestato sulla difesa del Sangiovese. Ad oggi si prende atto di una curiosa inversione: dell’amore di Mr Hands per il Sangiovese e della passione con la quale David Landini cura Cabernet e Merlot. 

Nella tenuta si è proceduto ad operare uno studio di zonazione e sono stati individuati 40 ha, il 5% della proprietà, come superficie vocata da adibire alla vigna. Quella e non di più. Ad oggi abbiamo 32 ettari. Di questi 17 sono in produzione, con 11 vigneti, ognuno non più grande di 7/8 ettari, al fine di avere blocchi sostenibili per la gestione integrata, riducendo al minimo gli interventi esterni. L’allevamento è a cordone speronato mono e bilaterale per il Sangiovese, guyot per Cabernet e Merlot. I terreni, prevalentemente esposti a sud, sono su suoli argillosi e argillosi-sabbiosi, con scheletro profondo a volte calcareo.  A Monterosoli, 200 metri di altitudine ed esposizione a sud-ovest e nord, ci sono marne argillose e argille blu. C’è anche un vigneto fuori dagli schemi canonici, croce e delizia di agronomi e trattoristi, che viene conservato come testimonianza di tempi antichi. Il vigneto Torrino, poco meno di 1 ettaro a 160 metri, esiste dal 1851, documentato sul cabreo e in numerose illustrazioni. Ha forma circolare, o meglio “a stella cometa” e nel 2001 è stato reimpiantato a Cabernet Sauvignon. La vigna serviva per ingolosire gli animali che entravano nel suo labirintico disegno ed erano preda facile per i cacciatori appostati nel torrino, usato anche per il tiro ai colombacci.

Una volta definiti i vigneti, si è proceduto con il protocollo di vinificazione: nessuna concessione a suggestioni come le anfore, sì all’uso del legno, ma con limitazioni precise soprattutto per la presenza del Sangiovese. Predilezione per la vinificazione in riduzione. Si ricorre in parte alla vinificazione normale in inox e in parte alla fermentazione integrale e per Giulia e 980 i fusti hanno la tostatura Perle, una tostatura particolare che favorisce un’integrazione precoce con il vino e un profilo sensoriale elegante. La fermentazione integrale è interpretata in maniera personalizzata. I cantinieri hanno appreso dalle tonnellerie di Borgogna la tecnica di smontaggio e rimontaggio delle barrique e così il mosto con le bucce e, se la maturazione lo consente, anche i raspi, viene immesso da uno dei fondi rimossi e fatto fermentare. Una volta assorbita la necessaria quantità di ossigeno, il fondo viene rimontato e la barrique messa in orizzontale su supporti che ne consentono la rotazione. La fermentazione e la macerazione avvengono interamente nella botte preservando il potenziale aromatico delle uve. C’è un’integrazione precoce con il legno e un’estrazione molto soffice a causa dell’immersione permanente delle vinacce nel corso della fermentazione. La rotazione della barrique posta in orizzontale permette la rimessa in sospensione delle fecce nobili favorendo l’ottenimento di vini rotondi con maggior volume e tannini setosi, ma soprattutto con complessità e precisione aromatica. Le rotazioni all’inizio della fermentazione sono 4 giornaliere fino ad arrivare a ½ al giorno per circa 45 giorni. Già in questa fase si verifica la stabilizzazione della molecola antociano-tannino con il ponte di etanale, così il successivo periodo di maturazione in legno può essere ridotto. Il controllo delle temperature avviene sia con climatizzazione dell’ambiente, ma anche, se necessario, con mezzi di regolazione interni alla barrique. Dopo la svinatura il vino subisce la fermentazione malolattica, quindi passa in barrique o tonneau, con permanenza diversa per ogni etichetta, prima dell’imbottigliamento.

La produzione attuale è di circa 100-120.000 bottiglie.

A Villa Saletta non c’è solo vino. Tutto il progetto gira intorno al concetto di biodiversità, all’ottenimento del perfetto equilibrio ambientale con colture differenziate e complementari tra loro.

Silvicoltura, selvaggina, erbe e fiori di campo, tartufi e olive sono le attività agricole impostate anche per coinvolgere il visitatore. Da non perdere l’ottimo olio extra vergine di oliva, prodotto da oltre 6.000 piante dalle cultivar leccino, frantoio, moraiolo, pendolino, razzo, dal carattere fresco, fruttato con perfetto bilanciamento tra componente piccante e amara, il massimo per la salubrità.

A seguire la nostra degustazione. Saltiamo la descrizione dello Spumante Rosé (Sangiovese 100%, metodo classico per 48 mesi), un piacevole aperitivo, e del Rosato 2020 (Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc in parti uguali) agile e fresco, e veniamo direttamente agli altri vini.

Chianti Superiore 2016  

90/100 - € 14

94% Sangiovese, 3% Cabernet Sauvignon, 3% Merlot dai vigneti Macelli, Bosco, Leccio. 12 mesi in legno, per il 50% in barrique di due anni e 50% in botti da 30 hl in rovere di Slavonia.

Rubino vivace e gioioso, al naso ha bei profumi fruttati di ciliegia morella, tabacco con speziatura appena accennata, e una progressione su liquirizia e aromi terrosi di sottobosco. In bocca è sapido con tannino grintoso ma dolce. Molto piacevole, di facile beva, si abbina bene con merende toscane, grigliate di maiale e arrosti di cortile. 

35.000 bottiglie prodotte.

Toscana Chiave di Saletta 2016 

90/100 - € 22

50% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon, 20% Cabernet Franc, 10% Merlot dai vigneti Torrino, Colline, Poggettino, Bosco, Leccio. Il 10% del vino fa fermentazione integrale e matura 14 mesi in barrique, 40% nuove, 30% di un anno, 30% di due anni. 

Colore rubino carico brillante. Impatto olfattivo speziato e grigliato, frutto nero, mora, mirtillo, erbe di macchia aromatiche, mirto. Al palato ha un ingresso solido con tannino dolce e vigoroso. Molto piacevole, si fa apprezzare per immediatezza e facilità di comprensione con stile abbastanza internazionale. Ottimo vino da grigliate e arrosti di carni miste.

13.000 bottiglie prodotte.

Toscana Saletta Riccardi 2016 

94/100 - € 50

Sangiovese 100% dal vigneto Macelli. Fermentazione integrale, matura 20 mesi in legno: 50% botti grandi nuove, 20% barrique nuove, 20% di un anno, 10% di due anni. 

Colore rubino carico trasparente. Al naso ha grande intensità di profumi con frutto nero, prugna, tabacco da sigaro, sottobosco e speziatura balsamica del rovere. In bocca è denso, pieno con frutto avvolgente e trama tannica fitta e vellutata. Ha una bella progressione spinta da freschezza e sapidità e un grande allungo nel finale. Adatto a grandi piatti di selvaggina e cacciagione, agnello e anatra.

4.500 bottiglie prodotte.

Toscana Saletta Giulia 2016 

92/100 - € 50

60% Cabernet Franc, 40% Cabernet Sauvignon dai vigneti Colline e Torrino. Fermentazione integrale, matura 20 mesi in legno: barrique 70% nuove 30% di un anno.

Rubino denso impenetrabile. Il profilo olfattivo è decisamente centrato sui piccoli frutti rossi, ribes, mirtillo, prugna californiana, poi si avvertono accenni balsamici di macchia mediterranea e speziatura del rovere. Al palato si dimostra pieno e rotondo, dinamico e saporito con finale di buona lunghezza. Molto adatto a carni salsate, brasati, salmì, cinghiale in dolce forte.

6.500 bottiglie prodotte.

Toscana 980AD 2016 

94/100 - € 200 la Magnum

Cabernet Franc 100% dal vigneto Colline, cru aziendale. Fermentazione integrale, matura 24 mesi in tonneau con rovere al 50% francese, 25% ungherese, 25%americano.

Rubino impenetrabile alla vista, ha profumi intensi ed eleganti di cassis, cedro, frutti neri poi spezie fini come cardamomo nero, pepe di Kampot. In bocca ha la grazia e l’eleganza dei Cabernet Franc toscani, che soprattutto sulla costa hanno trovato eccellenti espressioni. Ha freschezza di frutto e velluto di tannini dolci e levigati, con bel sostegno acido ad accompagnare verso un finale di grande lunghezza. Adatto a carni importanti, ad esempio griglia di scottona finlandese ad alta frollatura.

Solo 980 magnum.

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