Un rapido (e parziale) sguardo ai macerati di Carso e Collio

di Francesco Annibali 15/07/20
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Macerati Carso e Collio
Una serata dedicata, offre l’occasione per fare il punto sui vini macerati.

Poco tempo fa ho avuto il privilegio di condurre una degustazione di alcune delle migliori etichette di vini macerati di Carso e Collio. L’evento, organizzato impeccabilmente dalla consulente di comunicazione Lionella Genovese di Eleganza Veneta, si è tenuto nell’accogliente Osteria alla Pasina di Casier (TV), e ha visto la presenza, tra il competentissimo pubblico, di alcuni produttori di vino del trevigiano e docenti delle varie associazioni di Sommelier.

L’occasione è stata anche il pretesto per provare a fare un po’ il punto sui macerati italiani, che nel Carso e nel Collio hanno trovato luoghi di elezione, grazie anche all’opera seminale di due giganti del vino italiano come Stanko Radikon (purtroppo scomparso alcuni anni fa) e Josko Gravner, entrambi del Collio italiano.  

Fu Radikon a immettere sul mercato i primi bianchi macerati circa venti anni fa, e fu Gravner a inaugurare a inizio millennio l’utilizzo delle anfore: se quindi quella dei bianchi da macerazione è una pratica millenaria nei paesi vinicoli caucasici (Georgia in primis), sia per le aziende che nelle autoproduzioni familiare (la Georgia in particolare conta migliaia di microproduzioni di vino per consumo personale) bisogna ricordare che in Italia non ha senso parlare di macerati come vini della tradizione.

Venendo alla serata alla Pasina, trarre delle conclusioni dopo aver assaggiato 6 vini è ovviamente impossibile, tuttavia ritengo plausibile ipotizzare alcune considerazioni. Credo che anche il più scettico appassionato possa riconoscere a questi vini doti caratteriali indiscutibili.

Vini dal colore sempre lucido e deciso (ma non sempre arancione, quindi è più corretto chiamarli “macerati” piuttosto che “orange”), e spesso opalescente, con uno spettro olfattivo solitamente di albicocca disidratata e buccia di arancia candita in sottofondo, e note molto particolari, ossidative, di olio di lino, china, tisane e ginepro in primo piano. 

Quello che maggiormente colpisce è soprattutto il palato, dal sapore di infuso, di tè (del resto si tratta di vini ricchi di catechine, che sono i polifenoli responsabili anche del sapore del tè), e dal finale affumicato e amarognolo, il tutto inserito in una sensazione di spazialità tridimensionale e “quadrata” che solitamente associamo al vino rosso.

Detto questo, bisogna anche ammettere che si tratta di vini nei quali spesso la tecnica esecutiva è molto in evidenza, non di rado molto estratti nella componente tannica (e non potrebbe essere altrimenti, viste le macerazioni spesso insistite), e nei quali spesso l’espressione varietale resta in secondo piano.

L’impressione è che si tratti di una tipologia più a proprio agio con vitigni neutri e non alti di acidità (una carta da giocare nei climi caldi), anche se è prematuro capire quali siano i vitigni e i climi più adatti alla macerazione. Ma è un discorso che prima o poi andrà affrontato come per qualsiasi altra tecnica, anche se ci vorrà parecchio tempo a comprendere tutti gli aspetti relativi ai macerati. Del resto abbiamo impiegato decenni a capire che lo chardonnay ama la barrique più del riesling, o che il teroldego è molto più adatto alla macerazione carbonica del nebbiolo, o che il merlot non ama il caldo.

I macerati hanno anche un asso di briscola nella manica: sono una tipologia molto amata dai Millennials non solo per le doti organolettiche, ma anche grazie al linguaggio “aurorale” che parlano, con l’idea di naturalità, la mancanza di correzioni, il sentimento di visceralità dato dal fatto che nascono spesso sotto terra, e soprattutto l’idea di un ritorno ad un albore atemporale del vino.

Del resto c’è una regola storica (che funziona alla grande anche nel nostro mondo) che recita che quando le cose vanno bene si guarda al futuro, nei tempi di magra invece si guarda al passato (e lo si mitizza – ma questa è un’altra questione). 

Riprendendo il bicchiere in mano, nel migliore dei casi i macerati non solo sanno anche essere varietali, ma riescono addirittura a rendere “tridimensionale” la componente varietale. 

Un altro aspetto è la mancanza di parallelismi tra profumi, autunnali ma esuberanti, e palato, spesso austero e freddo nell’espressione. Ma non la definirei mancanza di armonia.

Piuttosto ritengo che il prossimo step sarà quello di trovare la via dell’espressione territoriale: confesso che alla cieca avrei faticato parecchio ad incasellare i 6 campioni nel Collio (acidità dolce, avvolgenza, eccetera) piuttosto che nel Carso (florealità ossuta, eccetera).

Ma i parametri ottenuti dalla vinificazione in bianco funzionano anche per i macerati?

Discorso complicato, che non toglie il fatto che si tratta di vini da acquistare con convinzione, anche se raramente economici, splendidi niente affatto esigenti a tavola (cucina fusion, vegetali, cacciagione, pollo al curry).

In questo momento ad ogni modo mi sembra più ragionevole proporre questi vini come Igt, piuttosto che come vini a Doc.

Un’ultima considerazione. Se è vero che tutti i grandi vini raccontano, oltre a vitigno, provenienza geografica, eccetera, anche lo spirito di un popolo, allora quella sensazione di “spazialità quadrata” al palato suona quasi più sovietica che caucasica.

Belo Vino Gorjansko 2018 Ĉotar

s.v. – Prezzo non disponibile

Da uve vitovska  e malvasia istriana. Fermentazione alcolica in botte grande, macerazione fino al primo travaso. Maturazione di due anni in legno. Nessuna filtrazione, nessuna SO2 aggiunta. 

Dorato vibrante, spettro olfattivo floreale e balsamico, con note di vernice. Palato floreale, di medio corpo, tannino sottile ma asciugante, centro bocca dominato dalla volatile. 

Carso Malvazija 2017 Skerk

89/100 - € 27

Da uva malvasia. Fermentazione spontanea in botti di legno e macerazione per circa 10 giorni. Maturazione di 12 mesi in botti di rovere. Nessuna filtrazione, lieve aggiunta di SO2 in imbottigliamento.

Dorato pieno. Al naso il varietale (albicocca disidratata) è espresso magnificamente, poi fiori. Palato dritto, ampio, tannino asciutto, finale floreale. Manca solo il “cambio di marcia” nella persistenza. Esecuzione impeccabile senza eccessi. In compenso il Carso è ben espresso. 

Kras Cuvée Vincent 2016 Rencel

91/100 - € 21

Da uve malvasia, vitovska, sauvignon e chardonnay. Fermentazione alcolica spontanea, il sauvignon macera per 4 giorni, gli altri vitigni un mese. Nessuna filtrazione, lieve aggiunta di SO2 in imbottigliamento.

Arancio lieve con riflessi dorati. Malto e tè al naso, in bocca corposo e alcolico, addirittura pastoso, con finale affumicato. Vistoso ma eccellente. 

Venezia Giulia Bianco Trebež 2015 Dario Prinĉiĉ

88/100 - € 33

Da uve chardonnay, sauvignon e friulano. Fermentazione alcolica e macerazione in tini aperti. Parte del vino matura in legno, parte affina in acciaio.

Arancio topazio deciso. Olfatto con frutta rossa macerata e note fumé. Palato molto ricco, tannino prepotente, finale profondo e amaricante. Molto estratto.

Collio Ribolla Gialla Extreme 2013 Renato Keber

89/100 - € 27

Da uve ribolla gialla. Macerazione delle bucce fino a totale sviluppo alcolico per 10 giorni. Elevazione sui lieviti per 12 mesi in botte.

Arancione con riflessi dorati. Al naso fiori gialli secchi e infuso di camomilla. Ossuto al palato, tannino asciutto ma succoso, lunghezza solo ottima. Vino molto elegante. Ma alla cieca avrei detto Carso con sicurezza. 

Delle Venezie Bianco Jakot 2013 Franco Terpin

93/100 - € 32

Da uve friulano. Fermentazione alcolica spontanea in tini d’acciaio, macerazione di 10 giorni, maturazione in botti di rovere per 18 mesi.  Ecco un vino nel quale la macerazione ha posto il vitigno in 3d. 

Arancio dorato pieno, al naso note affumicate e di pietra focaia, mandorla e malva, fiori secchi. Al palato è quadrato ma anche affusolato, il tannino allunga il vino. Un macerato pieno di sfumature, assolutamente eccellente.

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